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Cultura

Giovanni Ansaldo, gioia e dolori. Ma che storia!

La storia di Giovanni Ansaldo, un docente universitario che a 24 anni prende in mano lo stabilimento sorto dalla sfortunata opera di “Taylor & Prandi”.

Il giovane Ansaldo cominciò subito la ricostruzione e, grazie alle sue conoscenze con i politici dell’epoca, riuscì a prendere commesse importanti per lo sviluppo della nuova industria metalmeccanica. I primi lavori furono la costruzione di moderne caldaie marine e la fabbricazione di due locomotive a vapore commissionate dal Governo sabaudo per la ferrovia Torino – Rivoli.

La “Skyline” del porto di Genova – foto fonte: pixabay – stedo.it

La prima di queste motrici venne chiamata “Sampierdarena” e fu collaudata per la prima volta dallo stesso Giovanni Ansaldo, che si era presentato in incognito alla prova iniziale. Il 1854 fu un anno di crisi per l’industria italiana e molti stabilimenti, tra i quali “Balleydier” e “Robertson” a Sampierdarena, furono costretti a diminuire la mano d’opera, ma l’Ansaldo, grazie alle ordinazioni dell’azienda ferroviaria, continuò a viaggiare gonfie vele. Tra il 1855 e il 1858 vennero consegnate venti locomotive e iniziarono ad arrivare le prime forti ordinazioni di cannoni. Alla fine del 1858 lo stabilimento occupava 480 operai, risultando il più grande del Regno, per arrivare otto anni dopo ad avere una forza lavoro di 1100 persone.

Oltre alle locomotive ed ai cannoni, l’Ansaldo lavorava in quegli anni per fornire tubazioni per caserme, tettoie in ferro per stazioni ferroviarie, rotaie, proiettili d’artiglieria e macchine per la rigatura dei cannoni.

L’ascesa, il declino. E la trasformazione

Nel 1858 l’azienda subì un tremendo contraccolpo per la morte, a soli 44 anni, del suo condottiero Giovanni Ansaldo. Lo stabilimento venne affidato a Luigi Orlando, un ingegnere navale, e l’orientamento della società si spostò verso il campo della meccanica navale. Nel 1860 furono costruite due cannoniere, le prime navi da guerra a vapore d’Italia, e una di queste venne utilizzata da Garibaldi nel 1866. Nel 1866 Orlando venne sostituito dall‘ingegner Vehrli, ma la produzione di macchine destinate ai piroscafi non si fermò; anzi, in quell’anno furono costruite ben 42 caldaie per grosse macchine marine. Nel 1872 l’azienda decise di fondare un proprio cantiere navale accanto alle Officine Meccaniche, ma l’iniziativa ebbe scarsa fortuna dal momento che gli armatori di quei tempi avevano poca fiducia nella produzione italiana e si affidavano alle costruzioni inglesi.

La vista di un quartiere di Genova con in lontananza il porto – foto fonte: pixabay – stedo.it

La società Ansaldo ebbe il periodo di maggior fulgore negli otto anni compresi tra il 1883 e il 1890. Per le sole commesse belliche e ferroviarie ottenne un introito maggiore di quello ottenuto in trent’anni di precedente attività. La crisi cominciò, invece, nel 1895 e, come sempre accade, la colpa della situazione venne attribuita al governo, ma a subirne le più gravi conseguenze furono, naturalmente, i lavoratori che scesero da 2700 a 900 nello stabilimento meccanico e da 1500 a 450 nel cantiere navale. Lo stabilimento riuscì comunque a superare questo momento di crisi a cavallo del secolo, arrivando al periodo della prima guerra mondiale sufficientemente preparato a sostenere lo sforzo di produzione bellica. Vennero creati nuovi impianti al di fuori dell’area sampierdarenese e il numero degli occupati salì alle 55000 unità. Fiore all’occhiello di questo periodo fu la costruzione del primo aeroplano nell’Aprile del 1917. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, l’azienda sopportò un altro periodo di crisi ed uno degli stabilimenti per aeroplani venne adibito alla costruzione della automobile utilitaria “Ansaldo”, uno dei primi veicoli ideati per l’utilizzo dell’auto da parte di tutti. Dopo un decennio tra alti e bassi l’Ansaldo passò, nel 1933, sotto il controllo dell’I.R.I. e nel 1937 vide la luce l’Officina Allestimento Navi prospiciente al bacino portuale di Sampierdarena (di cui parleremo nel prossimo capitolo).

Durante il secondo conflitto mondiale, nel 1944, mille operai dello stabilimento vennero deportati, per rappresaglia, in Germania, ma gli impianti furono salvati dalla distruzione. Nel corso di quest’ultimo mezzo secolo l’azienda subì notevoli modifiche, divenendo anche “Ansaldo Meccanico Nucleare”, ingrandendosi sempre più e trovando sempre maggiori problemi di gestione e produzione. La connotazione di fabbrica sampierdarenese si perse con la pluralità di attività ad essa connesse restando, però, la gioia e il dolore dei lavoratori genovesi.

Redazione

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