L’incontro, alla stazione di Milano, tra un facoltoso professore e un clochard si trasforma in un racconto personale.
Un giorno, mentre transitava alla stazione di Milano, un insigne professore che ricopriva un’importante carica di Stato venne chiamato per nome, ad alta voce, da un barbone sdraiato sul parapetto della scala che porta a piano terra.
La scorta se ne allarmò ed attorniò il professore, ma quest’ultimo, che era un gentiluomo, si avvicinò invece al poveraccio, sporco e sdrucito, e gli chiese motivo della chiamata.
“Se sono ridotto così- disse senza vergogna l’indigente – è colpa tua e di altri che ci hanno governato in passato”.
Il professore sbigottì, quasi si arrabbiò ma poi volle approfondire: “so di prendere talora decisioni pesanti per la gente ma sono costretto per salvare il Paese”.
“Ero un artigiano abbastanza benestante – replicò senza soggezione il clochard – ho lavorato per decenni dall’alba a sera, di mente e di mano, facendo solo dieci giorni di ferie l’anno. Ero abile, ricercato, con buona clientela. Poi la crisi e tasse sempre più alte, che magari sarei riuscito anche a pagare; a stroncarmi sono state però leggi, leggine, burocrazia, norme assurde contro i piccoli imprenditori autonomi, trattati come nemici dello Stato.” – disse.
“Leggi fatte da chi non sa nulla di lavoro, rendendo difficile assumere, con costo del lavoro improponibile per botteghe come la mia. Licenziai il mio unico dipendente e la situazione mi diventò tanto insopportabile da farmi ammalare; andai in ospedale e siccome se non lavoro non incasso e non ho mutua, mi mangiai i risparmi. Cercai esperti per contabilità e consulenza ma non ero in grado di pagarne le parcelle. Fu il tracollo. Mi sembrava un incubo. Mia moglie fece la colf in nero perché posti fissi non si trovano ma venne scoperta e la sua padrona, anziana pensionata che non poteva permettersi la domestica in regola, venne sanzionata. Vendette casa per pagare la multa ed andò in ospizio. Ecco perché sono qui”.
Il professore non rispose ma restò colpito dal racconto. Tornò a Roma, riferì in Parlamento ma mancava il numero legale perché i deputati, con alto stipendio, hanno ben altro da fare che occuparsi di un clochard. La storia è, ovviamente, inventata ed ogni riferimento casuale, ma purtroppo verosimile.
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